domenica 30 novembre 2014

In un Paese bruciato dal sole


MELBOURNE 

Lord Melbourne era nel bel mezzo del suo del secondo mandato da Premier britannico quando la terra attorno all’estuario dello Yarra passò dagli aborigeni della tribù Kulin a un uomo d’affari tasmaniano per 20 coperte, 30 paia di occhiali, 50 di forbici, 100 coltelli e una manciata di fazzoletti. Era il 1835, l’imprenditore si chiamava John Batman, e l’insediamento che nel giro di 40 anni si sarebbe trasformato nella città più ricca del pianeta grazie alla corsa all’oro, venne per un periodo battezzata proprio Batmania. Dal punto strettamente turistico sarebbe stata la sua fortuna.  Oggi Melbourne si consola col titolo di città letteraria dell’UNESCO e di capitale mondiale dello sport (Gran Premio di Formula Uno, di moto e di ippica, torneo dello Slam di tennis, rugby, calcio e cricket come se piovesse, ed è anche la culla di una disciplina – il footy – che ferma uno Stato, riempe uno stadio da 100mila posti e fa pure chiudere gli uffici), si distingue per l’offerta musicale e culinaria e per una calendario di Festival che non conosce soluzione, per la rete tramviaria più estesa del mondo e per uno dei primi dieci Atenei del globo. Ok, le quattro stagioni (inteso come clima, non come pizza) in un giorno possono rendere inutili le previsioni del tempo, ma se dal 2011 Melbourne viene ininterrottamente nominata “città più vivibile al mondo” significa quantomeno che il caffé è decente.


SYDNEY

Fondata il 26 gennaio 1788 come colonia per galeotti da deportare il più lontano possibile dalla madrepatria britannica, la Harbour City è sopravvissuta agli inverni seguiti allo sbarco della Prima Flotta grazie a tanta forza di volontà e a tantissimi distillati. A Sydney il consumo pro capite di alcol è stato il più alto mai registrato della storia umana, e fino al 1808 il rum veniva ancora usato come merce di scambio. Oggi non è che l’amore dei sydneysiders per la birra sia venuto meno, ma la ‘Città di Smeraldo’ - sede della più antica Università del Paese - è riconosciuta soprattutto come una delle metropoli più vivaci e spettacolari del globo, bagnata per 240 giorni dal sole e per quattro mesi da piogge che non si vedono neanche a Londra. Ogni anno 11 milioni di turisti vengono attirati da una ventina di spiagge, da una baia spettacolare - che dà il meglio di sé tra Natale e Capodanno - dalla vibrante vita notturna, da un numero a due cifre di acquari, mercatini delle pulci e giardini botanici e dall’icona australiana per antonomasia, l’Opera House, prodotto della fantasia geometrica di un architetto danese e del lavoro di 100mila operai, inaugurata 40 anni fa, costata più di 100 milioni di dollari (a fronte dei 7 previsti) e dichiarata nel 2007 Patrimonio dell’Umanità. 


BRISBANE

La terza del città del Paese, compromesso tra la frenesia delle metropoli e la monotonia delle cittadine di mare, Brisbane offre un concentrato di caos calmo, quello che gli anglossassoni definiscono ‘the best of both worlds’. Soprannominata Bris-Vegas per la sua aria cosmopolita e edonistica, la capitale del Queensland mette sul piatto della bilancia un lungofiume glamour, quello che  nel 2003 è stato eletto ‘il centro più IN’ del mondo, un’economia in costante crescita e – cosa che non guasta mai – temperature che oscillano tutto l’anno tra i 22 e i 30 gradi. In pratica da marzo a novembre si può uscire dal lavoro o da scuola e nel giro di un’ora ritrovarsi con i piedi a mollo a Bulcock beach, Moreton Bay o Bribie Island. Da dicembre a febbraio è tempo di piogge, meglio rivolgersi altrove, qui. Sede dell’esposizione universale nel 2008 e del G20 nel 2014, casa di nutrite comunità indiane, sudafricane, cinesi e filippine, Brisbane è servita dal secondo aereoporto internazionale d’Australia, che ad Agosto viene preso d’assalto dai frequentatori dell’Ekka, un Festival che si svolge interrottamente dal 1876 per celebrare l’indipendenza dal Nuovo Galles del Sud. Una scelta che nessun Queenslander ha mai rinnegato. Anzi.  


ADELAIDE

A differenza di Sydney e Hobart (ma anche di Brisbane e Melbourne), la capitale del South Australia non è cresciuta sulle fondamenta e col materiale umano delle colonie penali, ma grazie a uomini liberi, che nell’Ottocento fuggivano dalle persecuzioni religiose in Germania. Quest’anima anglo, bianca e religiosa era andava di pari passo con un nome mutuato da una Regina d’Inghilterra teutonica che significa ‘di nobile nascita’, e che in barba a quello che ci hanno insegnato Heidi e gli Aristogatti si pronuncia Ádeleid. Un’impronta che poi era rimasta impressa in un accento vagamente british e nell’etichetta di “città delle Chiese”.  In realtà, come qualsiasi metropoli australiana, Adelaide è oggi un agglomerato etnicamente misto, con qualche discutibile specialità culinaria (il piatto tipico è un tortino di carne affogato in una zuppa di piselli) e nel quale per ogni costruzione dedicata al culto dell’Altissimo ce ne sono almeno un paio dedicate a quello dell’alcol. A differenza delle altre capitali, però, più che alla birra Adelaide è legata al vino prodotto nelle 160 aziende della Barossa, una valle che diventa meta di tour para-culturali nei fine settimana nei quali non si prende il traghetto per Kangaroo Island, alla ricerca di un wombato, di un canguro o di un’echidna, e del like automatico che una loro foto garantisce sui social. E la città in sé? Probabilmente le mancano il benessere di Perth, la personalità di Melbourne, le bellezze di Sydney e le spiagge del Queensland, ma un clima caldo e secco, un ritmo quotidiano sincopato e i prezzi più abbordabili del Paese giustificano il fatto che l’Economist l’abbia inserita tra le cinque più vivibili del mondo. Metteteci anche il Fringe, il più grande Festival culturale dell’emisfero australe, e va a finire che l’unica pecca di Adelaide sta paradossalmente proprio nel nome. Perché una volta lì si diventa adelaidiani

PERTH

Esplorata da navigatori olandesi 150 anni prima di Sydney ma pianificata solo nel 1829 sull’estuario del fiume Swan, la quarta metropoli australiana è la più calda, la più cara, e la più isolata città del continente. O per la precisione di tutto il pianeta: in aereo ci si impiega meno per andare a Jakarta che a Sydney, e per trovare un’altra città degna di tal nome bisogna percorrere uno per uno i 2700 km che la separano da Adelaide, attraversando una pianura arida il cui nome – Nullarbor - illustra chiaramente l’assenza di alberi e sottintende altrettanto chiaramente la scarsità di pompe di benzina. Stretta com’è tra l’oceano indiano e un deserto così vasto da avere cinque nomi diversi (Great Victoria, Great Sandy, Little Sandy, Gibson e Tanami), Perth è cresciuta come una figlia unica, intraprendente, fortunata e un po’ capricciosa. Nota per aver dato i natali a Heath Ledger, Megan Gale, Daniel Ricciardo e Cadel Evans, ma anche per i tramonti di Cottesloe beach, i frutti di mare di Fremantle e gli squali bianchi della vicina Rottnest island, fu annessa al resto della federazione solo nel 1901, ma dopo poco i cittadini del WA (dabliù-ei) chiesero con un referendum di trasformare Perth nella capitale di uno stato indipendente, la Westralia. Non se ne fece nulla, ma nonostante la massiccia immigrazione (quasi il 5% degli abitanti è nato in Italia) la città non ha mai smesso di sentirsi un’entità separata, e oggi le spinte centrifughe sono alimentate da questioni economiche: il WA produce da solo il 46% dell’export nazionale e un quinto di tutto il ferro mondiale, il PIL pro capite è il doppio di quello della Tasmania e i suoi 2 milioni e mezzo di abitanti possono contare su stipendi che superano – in media - i 100mila dollari annui. E poco male se il caffè costa 4 dollari e 23.

HOBART

Dopo aver circumnavigato i mari del Sud, toccando le coste della Nuova Guinea, delle Salomone, delle Figi, di Tonga e della Nuova Zelanda, 370 anni fa un navigatore olandese di nome Abel Tasman avvistò una costa che credeva appartenere al continente australiano, e per questo ribattezzò quel lembo di terra Van Diemen's Land. Era un omaggio al governatore della Compagnia Olandese delle Indie Orientali ma anche e soprattutto una topica clamorosa, che data la lontananza e la difficoltà di ritrovare la strada a quelle latitudini rimase tale per la bellezza 135 anni. Tanto ci volle, prima che un certo Matthew Flinders si accorgesse che quelle coste appartenevano in realtà a un'isola. Il fatto che a questo mondo non ci sià giustizia è testimoniato dal fatto che Tasman si vide intitolata tutta l'isola e da lì a cascata mezza fauna autoctona (compreso Taz, il cartone della Warner Bros), mentre a Flinders toccarono un'autostrada nel Queensland, la stazione dei treni di Melbourne e una catena montuosa del Sud Australia. Non il massimo, per uno che di mestiere faceva il navigatore. Amenità a parte, l’isola offre davvero tutto (fuorché - forse - il clima). Parchi adatti a magnifiche passeggiate come Cradle Mountain, baie incorniciate da spiagge incantevoli come la Bay of Fires, e miracoli della natura come la penisola Freycinet. E ancora siti ‘storici’ (vabbé…) come il penitenziario di Port Arthur, il MONA, lo stravagante museo di arte contemporanea di Hobart, la crociera da Strahan (che per qualche motivo si pronuncia Stro-on), le gole di Launceston, il panorama dal monte Wellington e Salamanca square, l’unica piazza degna di tal nome di tutta Australia. Infine una fauna variegata e unica, dalle balene ai pinguini, dai wombati ai diavoli. No, la tigre no. Quella è estinta. Ma sopravvive sull’etichetta della migliore birra nazionale. Tasmaniana, ca va sans dire. 

CANBERRA

Un italiano direbbe che la cosa migliore di Canberra è il treno per Sydney. Peccato che oltre a non avere uno straccio di spiaggia o di squadra di calcio, la capitale sia pure a corto di stazioni ferroviarie. Anche i collegamenti aerei internazionali non sono pervenuti, ma per fortuna Sydney è comodamente raggiungibile in meno di tre ore di auto e date le premesse rappresenta una tentazione così forte che negli anni Ottanta persino l’allora Primo Ministro John Howard decise di fare il pendolare su e giù per la Hume Highway pur di non viverci, a Canberra. La regione nella quale sorge la Bush Capital era stata abitata aborigeni per più di 20mila anni, ma quando nel 1908 fu scelta come sede della nuova capitale, era abitata solo da poche migliaia di agricoltori. Per la maggior parte dei libri di storia, la Federazione optò per la costruzione di un agglomerato tutto nuovo per non esacerbare la rivalità tra Sydney e Melbourne; secondo altri, invece, l’imperativo era evitare l’afa estiva di una qualsiasi delle metropoli del Paese, in un momento nel quale il brevetto dell’aria condizionata non era ancora stato perfezionato. Risultato? Come Washington, Ottawa e Brasilia, Canberra fu progettata allo scopo di ospitare il Parlamento e le altre istituzioni governative, ma a differenza delle altre, la Prima Guerra Mondiale e la Grande Depressione frenarono lo sviluppo iniziale e il clima fin troppo rigido per queste latitudini non contribuì a farla entrare nel cuore degli australiani. Ispirata al movimento delle ‘città giardino’, Canberra è oggi un centro di 300mila persone, tagliato in due dal lago Burley Griffin (dal nome dell’architetto statunitense che la progettò, convinto - bontà sua - di disegnare la città ideale) che è allo stesso tempo verde, moderno, dispersivo e perfetto per le biciclette. La disoccupazione al 3.2% - ben al di sotto dei sogni keynesiani – rivela un dato ancor più indicativo: di fatto a Canberra ci vive solo chi è obbligato per lavoro. Al quale la città offre musei, parchi, gallerie, feste etniche a cadenza quasi settimanale e la sensazione che le cose possano solo migliorare. In fondo, se a forza di investimenti, esperimenti e gigantismi architettonici ce l’ha fatta Brasilia, perché non Canberra? 


DARWIN

Se pensate che la storia delle città australiane sia piatta come una tavola da surf avete ragione da vendere, ma se ci tenete alla pelle evitate di dirlo a uno/a di Darwin. La parabola del capoluogo più piccolo, giovane e settentrionale del Paese è un concentrato di eventi drammatici e di calamità naturali, che hanno presa di mira l’insediamento sin da quando fu fondato, nel 1870, per collegare via telegrafo l’Australia col resto del mondo.
Frequentata per millenni da decine di tribù aborigene e per decenni da centinaia di impavidi cercatori d’oro, Darwin è stata teatro di cruente rivolte indigene e sindacali che poi si sono rivelate nulla di fonte al massiccio bombardamento giapponese del 1942. Se la città ha evitato per un pelo l’invasione dalle truppe nipponiche, poi non è riuscita a schivare le tempeste tropicali che si sono affacciate puntualmente ogni 40 anni. L’ultimo, il famigerato ciclone Tracy, uccise 71 persone e rase al suolo il 70% degli edifici cittadini alla vigilia di Natale del 1974. 
Poteva andarle peggio. Per esempio poteva continuare a chiamarsi Palmerston, come il Primo Ministro che governava la Gran Bretagna il giorno in cui i primi 135 coloni stabilirono nucleo originario nel golfo avvistato anni prima dalla nave Beagle. Invece nel 1911 la maggior parte dei 1100 residenti chiese di ribattezzare il capoluogo come Charles, il famoso naturalista britannico, che nel cammino verso le teorie evoluzionistiche pare fosse stato illuminato tanto dalle tartarughe delle Galapagos quanto dagli ornitorinchi down under.
Darwin non ha mai visto un canguro, eppure gli sarebbe bastato spingersi lungo la Stuart highway, verso Katherine e lo spettacolare parco Kakadu per imbattersi in coccodrilli d’acqua salata lunghi 5 metri e in canguri rossi da 90 chili. Se poi avesse proseguito per altri 2000 km attraverso il deserto, dopo aver superato Alice Springs avrebbe sbattuto contro Uluru, il monolito più grande della Terra, una roccia di arenaria che sta lì, al centro del continente, da 500 milioni di anni ed oggi è Patrimonio dell’Umanità, simbolo dell’Australia e luogo sacro della mitologia aborigena.


(n.b. testi scritti per il sito Just Australia)